Legittimazione di terre civiche
La legge prevede la possibilità per gli occupatori abusivi di terre civiche di legittimare la loro posizione per il tramite di una procedura amministrativa di sanatoria (artt. 9 e 10 della Legge 1766/1927), la quale ha l'effetto di trasformare in allodio (proprietà privata) il terreno d'uso civico illecitamente detenuto.
Per ottenere la legittimazione devono concorrere unitamente le seguenti condizioni:
a) che l’occupatore vi abbia apportato sostanziali e permanenti migliorie;
b) che la zona occupata non interrompa la continuità dei terreni;
c) che l’occupazione duri almeno da dieci anni.
La legittimazione avviene tramite l´imposizione sul fondo di un canone (demaniale) di natura enfiteutica a favore del Comune o dell’associazione per l’amministrazione separata degli usi civici (ove esiste): "Nel concedere la legittimazione di cui all’articolo precedente, il commissario imporrà sul fondo occupato ed a favore del comune o della associazione un canone di natura enfiteutica, il cui capitale corrisponda al valore del fondo stesso, diminuito di quello delle migliorie, aumentato di almeno 10 annualità di interessi: tale aumento non sarà imposto, se l’occupante abbia già corrisposta una prestazione sia in generi che in denaro. Il detto canone potrà essere di misura inferiore quando l’occupatore avrebbe potuto beneficiarsi della quotizzazione" (art. 10 Legge 1766/1927).
Per comprendere correttamente il significato del canone di natura enfiteutica imposto nella legittimazione, è bene leggere attentamente gli articoli 10 e 24 della Legge fondamentale 1766/1927, dove, il primo, impone che il capitale d’affrancazione debba corrispondere al valore dell’area legittimata e, il secondo, che lo stesso capitale debba essere destinato alla collettività per opere che vadano a compensare la perdita del valore dell’area demaniale perduta.
La lettura combinata dei due articoli, che non può essere disgiunta, porta alle seguenti conclusioni:
1 - il capitale d’affrancazione dei canoni di natura enfiteutica è imprescrittibile e deve corrispondere al valore del bene privatizzato; tale canone ha natura pubblicistica (come confermato dalla Corte dei Conti con delibera/parere n. 18/2006): la demanialità si è trasferita dal bene civico al canone;
2 - il valore del bene, non può che esser quello attuale, cioè quello del momento dell’affrancazione del canone, riferito ovviamente alla qualità agraria o edificabile dell’area legittimata decurtate le migliorie;
3 - il canone annuale spetta al Comune (si veda l’art. 24 della Legge che riserva alla collettività soltanto il capitale d’affrancazione).
Le particelle legittimate sono soggette a Canone; tale canone è redimibile (cancellabile) tramite il provvedimento di affrancazione.
Precedentemente all'entrata in vigore della Legge 1766/1927, venivano concesse delle legittimazioni più restrittive, chiamate conciliazioni.
A differenza delle legittimazioni successive all'entrata in vigore della Legge 1766/1927, le conciliazioni/legittimazioni precedenti, oltre ad imporre il pagamento del canone imponevano anche l'obbligo di migliorare il fondo, pena la devoluzione.
Il Commissario agli usi civici (ora Regione), pur ricorrendo i tre presupposti indicati sotto le lett. a) b) e c) art.9 Legge 16.06.’27 n°1766, ben può negare la richiesta legittimazione, ove alla concessione di questa ostino ragioni di interesse pubblico, rimesse alla sua valutazione discrezionale (Consiglio Stato sez.IV, 1 aprile 1980 n° 327, Cafara c. Commissario liquidazione usi civici Napoli e altro - Foro amm. 1980, I, 653 - Cons. Stato 1980, I, 425).